Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.
Lev Tolstoj da Anna Karenina
Quando si decide di ricorrere all’aiuto della psicologia può accadere di sentirsi rassicurati dall’idea di poter dare un nome alla propria sofferenza, spesso pervasiva e nebulosa. Questo desiderio è del tutto comprensibile. Dare forma all’ignoto ci permette di riacquistare un potere su noi stessi, che ci dà la percezione di riuscire ad affrontare più efficacemente il problema e tenere a bada il dolore connesso.
L’attribuzione di un’etichetta diagnostica rischia tuttavia di portare ad una poco utile semplificazione. In particolare, le persone che intraprendono un trattamento ad orientamento psicoanalitico non dovrebbero essere ridotte ad un insieme di sintomi. Ogni persona è unica e ognuno può raccontare in modo diverso i propri attacchi di panico, oppure le proprie reazioni di rabbia o, per fare degli esempi, le proprie difficoltà nell’instaurare e mantenere relazioni soddisfacenti.
La diagnosi diventa un’ipotesi di lavoro, che costruisco insieme al paziente nell’esplorazione della sua storia, col processo di immedesimazione empatica negli affetti vissuti e nella specificità del nostro dialogare.
A titolo esemplificativo, di seguito alcune delle principali motivazioni che conducono le persone a contattarmi:
- disturbi di carattere emozionale: ansia generalizzata, panico, fobie, ossessioni, depressione; altri disturbi emotivi: rabbia, vergogna;
- disagi di carattere interpersonale e sociale: solitudine, timidezza, isolamento sociale; difficoltà relazionali e coniugali; difficoltà nei contesti lavorativi;
- disturbi di carattere psico-sessuale: disfunzioni sessuali (impotenza, vaginismo); tematiche relative all’orientamento sessuale;
- dipendenze patologiche: alcolismo, dipendenza da sostanze stupefacenti, gioco d’azzardo.
Approccio clinico
L’esperienza clinica mi ha confermato, in linea con i modelli psicoanalitici più recenti, che le persone riescono ad ottenere cambiamenti terapeutici grazie all’acquisizione di maggiore consapevolezza di sé ma anche, e soprattutto, come risultato di un processo relazionale trasformativo instaurato con il terapeuta. Avere una conoscenza più approfondita delle proprie sofferenze è indispensabile per una maggiore comprensione dei propri impliciti e relativa attribuzione di significati; il farne esperienza con un terapeuta empatico costituisce il fattore determinante per acquisire modalità organizzative alternative all’interno di una nuova esperienza relazionale.
Il primo compito del terapeuta è assumersi la responsabilità di costruire un contesto accogliente, entro il quale ha luogo la relazione terapeutica. In altre parole, il terapeuta si occupa, innanzitutto, di creare le condizioni di sicurezza e fiducia per consetire al paziente di intraprendere il percorso di cura.