un caffè bruciato

Tutti i colleghi conoscono Annalisa come una persona cordiale, anche se le attribuiscono qualche stranezza. Sciocchezze, per esempio il suo modo di fissare oppure perché a volte saluta e altre volte è come se ti ignorasse. “Quella con le collane stravaganti”, veramente originali, così simili a piccole sculture.

Anche a me faceva sentire a disagio, non sapevo il perché, ma mi metteva il nervoso. Stava lì senza espressione per attimi lunghissimi, come se aspettasse qualcosa.

Di solito Quando arriva alla macchinetta del caffè tutti ammutoliscono. Sembra che lo faccia apposta: arriva tutte le volte che siamo lì! Immediatamente ci scambiamo degli Sguardi d’intesa e la pausa volge inevitabilmente al termine.

È successo che si è assentata per settimane. E Si sa, prima o poi qualche voce comincia a trapelare. Le stranezze di Annalisa e il mistero sulla sua assenza hanno fatto da combustibile e comburente nel cosiddetto triangolo del fuoco, dove l’innesco è provocato dalla curiosità. E le voci di corridoio sono sempre pronte a propagarsi.

Qualcuno un giorno è arrivato e ha detto: “Annalisa è depressa, sta in cura”. Era la spiegazione ai suoi comportamenti strani? Nessuno, in fondo, sapeva esattamente cosa fosse la depressione.

Quando mi è arrivata la notizia, il caffè mi ha lasciato un sapore amaro, come di bruciato. Ho cercato di mandarlo giù divorando voracemente una madeleine. Un pensiero bizzarro: Annalisa, pur con la sua assenza, ancora una volta stava disturbando la mia sacrosanta pausa. Poi ho provato vergogna per questa idea e, con un sospiro profondo e viscerale, ho annusato il caffè rimasto nel bicchiere.

La sera la macchina andava da sola verso casa: quel giorno il lavoro mi aveva messo giù di morale. Si è ripresentato lo stesso sospiro che mi aveva gonfiato il petto la mattina. Per un frangente ho immaginato che in quel momento anche Annalisa stesse, da qualche parte, respirando allo stesso modo. Al semaforo, un cane dalle orecchie lunghe che cercava aria fuori da un finestrino mi ha fatto sorridere. “Come si sentirà Annalisa adesso?” Non me l’ero mai chiesto.

Ho cominciato a interrogarmi su cosa esattamente fosse questa maledetta depressione. Io, anni fa, avevo conosciuto una persona depressa. La mamma di Danilo, un mio compagno di scuola.

Era contento quando lo invitavamo a pranzo a casa nostra. Della madre ricordo la porta della sua camera chiusa per giorni. Danilo mi diceva poche cose di lei: che soffriva di tristezza e che “non ci metteva la testa” quando faceva le cose. E mentre me le diceva abbassava lo sguardo. Un giorno andai da lui per aiutarlo a pulire la cucina. Nell’aria c’era un intenso odore di caffè bruciato: la madre aveva fatto esplodere una moka perché aveva dimenticato di metterci l’acqua. “Non ci metteva la testa”.

Danilo si fidava di me e io facevo di tutto per tirarlo su. Ma forse non bastava e lui aveva anche iniziato ad andare da uno psicologo perché faceva gli incubi la notte. E io non capivo perché non ci andasse la madre, invece di costringerlo a pulire i suoi casini quando avrebbe potuto giocare a pallone con me?

Quando Annalisa ha fatto ritorno in ufficio alcune persone hanno preferito evitarla, altre hanno cercato di “aiutarla”: Come mai stai così se non ne hai motivi? Dovresti reagire! Fallo per i tuoi figli!

Cominciavo a capire che Annalisa mi faceva venire in mente Danilo: un bambino come me, però incapace di giocare in modo spensierato. Incapace così come mi sentivo io nell’impossibilità di aiutarlo come avrei voluto. Senza apparente motivazione logica, mi faceva provare la stessa rabbia che avevo sentito per quella madre che chiedeva attenzioni incessanti.

Ecco: in questi momenti, rabbia e frustrazione mi allontanavano da Annalisa e la semplice domanda “come si sentirà Annalisa adesso?” non riusciva ad essere formulata.

Un giorno Annalisa indossava una collana che ha attirato la mia attenzione. Non tanto per l’oggetto in sé, ma per il modo disinvolto in cui la esibiva. Mi è venuto spontaneo chiederle: “Che bella collana, l’hai fatta tu?”.

Da allora ho scoperto un sacco di cose su di lei. Per esempio, mi ha raccontato che si dedica al design e alla realizzazione di gioielli (ha ottenuto anche dei riconoscimenti!), Che ha la passione per la lievitazione con la pasta madre (mi ha insegnato a fare la crosta come si deve sul pane!), che Amiamo le stesse serie di Netflix.

Ora di sicuro mi sento più a mio agio quando la incontro. Nascondeva proprio un bel sorriso.

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