Viaggiando in una comoda auto
su una strada bagnata di pioggia,
vedemmo un uomo tutto stracciato sul far della notte
che ci faceva cenno di prenderlo con noi ,
con un profondo inchino.
Avevamo un tetto, avevamo un posto
e gli passammo davanti
e udimmo me che dicevo con voce stizzosa:
no, non possiamo prendere su nessuno.
Eravamo proseguiti un bel pezzo,
forse una giornata di cammino,
quando di improvviso mi spaventai della mia voce,
del mio contegno e di tutto questo mondo.Bertolt Brecht
La vergogna è un sentimento che ammanta con un mantello che ha il potere di avvolgere e spogliare al tempo stesso. Ripensare a episodi che ci hanno fatto sperimentare questo stato spesso ci fa chiudere gli occhi, abbassare il capo e, in un attimo, il desiderio di sparire è ripristinato nel momento presente così come allora. La vergogna è percepita fisicamente, sotto pelle. Per la sua persistenza nel tempo è un mantello pesante che ci inchioda al passato, per la voglia di scomparire che sentiamo è chiaro che ci fa sentire nudi.
Lord Jim è il capolavoro di Conrad che racconta lo struggimento senza requie di colui che, dopo aver agito un comportamento giudicato da se stesso come riprovevole, è costretto a cercare riscatto in eterno. Il protagonista si avventura su di un’imbarcazione adibita al trasporto di ottocento pellegrini chiamata Patna. A seguito di una collisione l’equipaggio comincia a scappare con le scialuppe di emergenza e Lord Jim resta bloccato in un lungo attimo di esitazione, dopodiché decide di mollare i passeggeri e mettersi al sicuro come già fatto dalla ciurma. Questo evento lo tormenterà per tutta la vita e come pietra dello scandalo farà sì che egli cominci a intraprendere una serie di scelte difficili per riscattare la propria dignità. E’ interessante notare come Conrad abbia introdotto un particolare nella narrazione che sgombra qualsiasi dubbio interpretativo sull’epopea interiore di Lord Jim: si può tranquillamente parlare di vergogna e non di senso di colpa poiché egli scopre assai presto che tutti i pellegrini siano riusciti a salvarsi dopo la sua fuga. Ciononostante non riesce ad accettare il suo vile comportamento che lo fa sentire impresentabile al mondo. Possiamo dire che il senso di colpa è causato da qualcosa che è stato fatto, mentre la vergogna da ciò che sentiamo di essere, a prescindere dalle conseguenze delle nostre azioni perché restiamo ancorati ai fantasmi delle nostre spregevoli intenzioni. Per quanto riguarda Lord Jim ne consiglio sicuramente la lettura, non starò qui a dilungarmi sul prosieguo del racconto (vi lascio il gusto della scoperta), tuttavia aggiungo soltanto che i demoni del nostro antieroe non lasceranno facilmente la sua anima nonostante compia gesta estremamente valorose.
Nel romanzo Lord Jim cerca occasioni di riscatto personale intraprendendo un viaggio verso territori orientali sempre più remoti, quasi a voler tornare all’inizio del giorno laddove il sole sorge. Chiunque ripensi a situazioni che abbiano provocato sentimenti di vergogna desidererebbe avere una seconda possibilità e provare a percorrere strade più decorose: solo così si può cancellare l’infamia. Ed è esattamente questo il punto che ingabbia, che rende impotenti e nudi sotto il pesante manto.
Secondo la psicoanalisi di Heinz Kohut la sfera vulnerabile della vergogna rientra nei deficit narcisistici. C’è un tempo precoce nel quale tutti i bambini (dai 2 ai 4 anni) prendono le misure con il proprio Sé-grandioso, ossia si dedicano alla scoperta del potere personale che dà loro la sensazione di essere onnipotenti. In base alle risposte dei genitori questa fase può essere superata con maggior o minor successo. L’evoluzione positiva farebbe sì che il bambino più grande, e il futuro adulto, abbia dentro di Sé una buona sintesi tra l’onnipotenza e la realtà, percependosi come individuo unico in grado di stare e agire nel mondo. Qualora i genitori, per proprie caratteristiche personali o influenze ambientali, non siano in grado di offrire risposte empatiche al primitivo Sé-grandioso del figlio questi potrà sviluppare un senso di Sé inautenticamente “potente” (senso di vanagloria, orgoglio, arroganza) per proteggere le proprie vulnerabilità, oppure, sul versante opposto, un’identità personale sperimentata come eccessivamente impoverita (bassa autostima, vergogna, depressione), perché la parte onnipotente è stata precocemente fagocitata dalla realtà, evidentemente più forte del bambino.
[…] e forse il mio Jim è anche un tipo fuori dal comune. In un’assolata mattina, lungo una strada orientale, vidi passare la sua forma -piena di fascino, densa di significato- oppressa da una nube, in un silenzio perfetto. Era quello che doveva essere. Spettava a me, con tutta la simpatia di cui ero capace, cercare le parole adatte a descrivere ciò che lui rappresentava. Era uno di noi.
Nel romanzo Lord Jim, forse, avrebbe tratto maggiore sollievo e cura nel sentirsi rispecchiato empaticamente per l’errore commesso, arrivando a sentire profondamente che qualcuno per lui significativo lo considerasse “uno di noi”; nello stabilire una relazione affettiva e di fiducia che gli avrebbe consentito di restarsene nudo con le sue vergogne e non desiderare di sparire.